Pillole fiscali: fisco e indagini bancarie.

Il D.L. 193/2016 ha introdotto importanti novità in tema di prelevamenti e/o versamenti non giustificati operati sui conti correnti nel caso di indagine finanziaria.
In particolare, prima della novella normativa,in caso di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria tanto i prelevamenti quanto i versamenti effettuati sui conti in questione costituivano una presunzione legale relativa, ovvero l’onere di provare che tali movimentazioni non fossero riferite a redditi non dichiarati gravava sul contribuente.
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale e della Cassazione, la norma è stata modificata. Allo stato attuale, l’inversione dell’onere della prova sul contribuente per prelevamenti e versamenti non risultanti dalle scritture contabili grava esclusivamente sui titolari di redditi di impresa, mentre non opera sui prelevamenti effettuati dagli altri contribuenti, per i quali tuttavia opera solo con riferimento ai versamenti.
La norma ha inoltre inserito un limite quantitativo oltre il quale scatta la presunzione legale in oggetto proprio con riferimento ai prelevamenti: 1.000 euro giornalieri e 5.000 mensili.
Al di sotto di tali limiti, spetterà sempre all’Amministrazione finanziaria dimostrare che le operazioni in oggetto sono riferibili a costi o ricavi non contabilizzati.
Alla luce di ciò, la CTR della Campania con la sentenza n.5198/18 ha respinto l’appello del contribuente che aveva presentato ricorso avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione maggiori compensi professionali derivanti dalla somma dei prelevamenti e dei versamenti risultanti dai conti correnti bancari, escludendo dai suddetti compensi i prelevamenti.