Pillole fiscali: con il Risparmiometro la nuova frontiera (o quasi) dei controlli fiscali.

Con il 2018 l’Agenzia delle entrate inizia la sperimentazione di un nuovo strumento nella lotta all’evasione: il Risparmiometro.
Dopo il Redditometro e lo Spesometro ecco dunque che l’attenzione del fisco si concentra sul risparmio, alla ricerca di incongruenze che permettano di identificare i furbetti e gli evasori.
Ma vediamo nel dettaglio come dovrebbe funzionare (si spera!) il Risparmiometro.
Secondo quanto riportato dalla stampa specializzata l’algoritmo messo a punto dovrebbe analizzare tutti i rapporti finanziari del contribuente (conto corrente, deposito titoli, rapporti fiduciari, certificati di deposito, buoni fruttiferi, carte di credito, prodotti finanziari emessi da assicurazioni, ecc.) e confrontarli con i redditi dichiarati. Se il risparmio così determinato dovesse risultare superiore (del 20%) rispetto a quello presunto e ritenuto congruo per soggetti con lo stesso livello di reddito, il contribuente potrebbe essere invitato a fornire chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria e, laddove questi non fossero ritenuti esaustivi, scatterebbe l’accertamento con recupero a tassazione degli eventuali risparmi provenienti dai redditi non dichiarati.
Ora, premettendo che quanto finora riportato è frutto di indiscrezioni che seppur provenenienti da stampa autorevole e specializzata sempre tali restano, non possiamo esimerci dal manifestare alcune perplessità in merito al meccanismo delineato.
Escludendo infatti il caso "scolastico" e limite in cui il contribuente, ad esempio un dipendente, veda i propri redditi confluire su un conto corrente dal quale però non risultino prelevamenti (nel qual caso sarebbe del tutto evidente l'omissione dichiarativa del contribuente di entrate necessarie quantomeno a sostenere le spese basilari per la sopravvivenza!), restiamo perplessi per la soggettività dello strumento.
In primo luogo, ci sfugge la modalità di determinazione del risparmio ritenuto congruo con il reddito dichiarato, in quanto è evidente anche per i meno attenti che a parità di reddito gli individui possono avere comportamenti differenti con diverse propensioni per spesa e risparmio. Standardizzare un comportamento attraverso la statistica della media ci sembra piuttosto fuorviante e pericoloso.
In secondo luogo, il nuovo strumento stanerebbe solo l’evasore oculato, coscienzioso, risparmiatore ed anche forse un pò ingenuo, ma non individuerebbe l’evasore “cicala”, che invece consuma il frutto dell’evasione congiuntamente al reddito dichiarato.
In terzo luogo, costringerebbe il contribuente a fornire la prova che il risparmio accertato sia lecito, magari frutto dell’aiuto di genitori e parenti, che pertanto dovrà tener traccia dei soldi che mamma e papà gli hanno dato nel corso degli anni (che sono peraltro proprio quelle piccole dazioni periodiche fatte in denaro e che non lasciano traccia!). E per fornire la prova sarà necessario avere giustificativi che andranno saggiamente conservati in casa come nella migliore tradizione degli accumulatori compulsivi!
In conclusione ci pare che il Risparmiometro così delineato ricordi molto, soprattutto per difetti, il Redditometro che in passato, seppur con differenti parametri, ha dato risultati veramente scoraggianti. Senza considerare la non secondaria problematica riguardante la violazione della privacy del cittadino.
L'Agenzia delle entrate prevede un periodo di sperimentazione di due anni, partendo dall'analisi delle posizioni di persone fisiche per passare poi succesivamente agli enti. Vedremo se queste criticità verranno risolte nei prossimi due anni o se lo strumento subirà le stesse sorti infauste dei suoi predecessori!